APPROFONDIMENTI / L'affresco dell'Hospitale di Santa Maria della Pieve

L’AFFRESCO DELL’HOSPITALE DI SANTA MARIA 

 

Se dovessimo partire da quel lacerto di affresco che è rimasto sulla casa dell’Hospitale, in via Benzo incrocio con via Gianzana, si potrebbe dire ben poco: forse solo che la cornice è sei-settecentesca e che quel poco che è rimasto è la sinopia, cioè il disegno preparatorio a sanguigna con il volto del Cristo dolente e lo studio anatomico delle braccia tese. A sinistra si intravede una vela, forse quella che conteneva, come vedremo, una iscrizione e la parte destra ormai è illeggibile. Tutto l’affresco con la parte inferiore del corpo del Cristo è crollato, quindi è impossibile indovinare che cosa ci fosse dipinto.

Fino a cent’anni fa l’affresco era leggibile e infatti il maestro Ponte, che accompagnava le sue scolaresche a vederlo, lo descriveva così: “un affresco su cui è rappresentato il longobardo Benzo vestito alla spagnuola, ai piedi del crocefisso, che accenna alcuni miserabili malconci e malati: un’iscrizione latina, quasi evanita, celebrava i meriti del donatore”.

Qualche anno prima, a metà Ottocento Goffredo Casalis scriveva di questo affresco: “Ivi sta tuttora un dipinto, a guisa d’icona, che rappresenta il crocefisso, ai cui piedi vedesi il longobardo Benzo, vestito dalla foggia de’ suoi connazionali, e in atto supplichevole, accennando alcuni miserabili storpi, e malati che si scorgono a qualche distanza: in un angolo di quel dipinto leggesi la seguente iscrizione: Benzo quondam Signorandi natione Logobardorum amore Jesu Christi Crucifixi Ecclesiae Plebis Cairi Lumellinae Domum hanc et cuncta sua bona ad pauperum inopiam sublevandam contulit donavit erogavit. Anno MCXXXIV, XIX may”.

Anche Vittorio Angius nel 1857 ripeteva più o meno la stessa descrizione, aggiungendo che Cristo “sembra implorare la divina benignità”. Penso che il Ponte avesse letto il Casalis (1847) o l’Angius.

Prima di tale data gli unici riferimenti all’affresco presente sopra la porta dell’Hospitale sono quelli contenuti nelle relazioni delle visite pastorali del 1619 e del 1677.

Nel 1619 si diceva che sopra la porta dell’Hospitale c’era una immagine del Crocifisso, invece il 9 agosto 1677 si parlava di un Crocifisso dipinto con una iscrizione del seguente tenore: “Xenodochium plebense pro peregrinis seco venientibus”.

Inoltre, a corroborare questa annotazione, c’era quella datata primo aprile 1677 sul registro delle spese dell’Hospitale, che riferiva di un pagamento “per la pitura di un crocefisso” di 6 lire per l’opera e 4 per il vitto, al pittore maestro Grasso di Voghera, oltre a 2 lire e mezza per le opere di muratura. Giusto per avere un termine di paragone, negli stessi anni si comprava “un letto di piuma con suo piumazzo et pagliazzo” per 9 lire, una “coperta di lana ordinaria” 7 lire, oppure due brente di vino per 12 lire e ai pellegrini di passaggio si davano 5 soldi ciascuno di elemosina.

Poiché dopo tale data non si trovano pagamenti riferibili a restauri o rifacimenti del dipinto, si potrebbe pensare che quel poco che rimane potrebbe davvero essere originale.

Se però prendiamo in considerazione l’iscrizione può sorgere qualche dubbio, perché quella originaria non era più presente a metà Ottocento, come visto sopra.

È chiaro che le due iscrizioni sono comunicazioni che portano due significati ben diversi: la prima era quasi una semplice insegna che definiva la casa come “albergo dei pellegrini”, mentre la seconda, quella che ha visto il Ponte, e negata a noi dall’incuria umana, era una celebrazione dei meriti del donatore Benzo, che indicava dei “malati”. Quando, perché e da chi sarà stata modificata questa iscrizione, non è dato sapere. Si possono solo fare delle ipotesi.

Va ricordato inoltre che fino a metà Settecento l’Hospitale accoglieva e soccorreva quasi solamente pellegrini, dopo tale data, soprattutto malati e poveri del paese al loro domicilio. La missione quindi era cambiata a favore degli indigenti infermi locali, e infatti la casa era stata affittata.

Ecco quindi che può aver senso anche un cambiamento di insegna sulla casa dell’Hospitale: non più Cristo che accoglie i pellegrini, ma il “donatore/benefattore” che, “per amore di Gesù Cristo”, come evidenziato dalla nuova iscrizione, ha donato tutti i suoi beni… ai poveri e malati.

Quindi, ecco la necessità di un affresco con l’immagine del donatore e dei “nuovi” beneficiari e cioè “i miserabili storpi e malati…”

In effetti mi chiedo: perché nelle visite pastorali, nelle quali si descrivevano in dettaglio altari, reliquie ed arredamenti vari (anche dell’Hospitale) a proposito dell’affresco si parla solo di un Crocifisso e mai delle altre figure rappresentate? Viene il sospetto che non ci fossero in origine altre figure su quell’affresco.

Dal contratto d’affitto della casa dell’Hospitale ai De Rossi risulta che nel 1759 la stessa si trovasse “in cattivo stato e minaccia rovina”, quindi è probabile che anche il nostro affresco del maestro Grasso non fosse proprio integro, anche perché aveva trascorso quasi un secolo alle intemperie lomelline. È quindi ipotizzabile che quel mattone con impressa la data 1761, presente sulla facciata della casa, vicino all’affresco, potrebbe indicare non solo la data di un restauro dell’immobile, ma anche del dipinto. Poiché quel contratto d’affitto prevedeva una certa spesa per le riparazioni, a carico non dell’Hospitale ma dell’affittuario, non abbiamo purtroppo documenti per capire come la facciata sia stata restaurata e da chi.

Si potrebbe comunque ipotizzare che la parte dell’affresco che non vediamo e cioè quella col donatore Benzo e con i malati, potrebbe essere stata aggiunta al Crocifisso di mastro Grasso in occasione di quel restauro, o addirittura che sia stato realizzato un nuovo affresco, che meglio rappresentasse la nuova missione dell’Hospitale.

Proviamo a contestualizzare l’opera. Che esempi pittorici c’erano a Pieve a metà Settecento?

C’erano le icone degli altari delle cappelle della parrocchiale e degli oratori (S. Giovanni Battista, S. Rocco e S. Sebastiano), che non avevano però immagini della Crocifissione, mentre nella chiesa di Cairo c’era un pregevole dipinto della metà del Seicento, del Crocifisso con S. Francesco, S. Carlo Borromeo e la nobile famiglia Terzaghi al completo.

Inoltre nel 1660 circa, nel salone di rappresentanza del suo palazzo di Cairo, il marchese di Pieve del Cairo, Pietro Isimbardi aveva chiamato un pittore lombardo a realizzare un grande affresco sulla liberazione del cardinale Giovanni de Medici per rendere omaggio al suo antenato Ottaviano.

Quindi quell’affresco sulla facciata della piccola casa dell’Hospitale rappresentava un unicum nel contesto pievese della seconda metà dei Settecento: doveva essere veramente di grande effetto: un gran bell’affresco, ricco di colori, imponente…

Tutta la parte centrale del Settecento è caratterizzata da un fermento di iniziative immobiliari e artistiche a Pieve: molte cappelle nella Parrocchiale vengono rifatte e abbellite con altari marmorei e quadri di valore, l’oratorio di S. Giovanni Battista viene profondamente ristrutturato, come pure S. Sebastiano e nascono gli oratori campestri della Pellegrina Ardizzona (di Sopra) e Bellisoma (di Sotto), quello di S. Rocco a Cairo e anche alcuni palazzi patrizi risalgono a quel periodo.

Inoltre, sulla facciata interna della parrocchiale di Pieve appaiono due grandi quadri celebrativi. Il primo rappresentante la liberazione del cardinale Giovanni de’ Medici del 1512, fedele copia dell’affresco di Palazzo Isimbardi, con la stessa iscrizione celebrativa dei meriti di Ottaviano, che si trovava sotto l‘affresco; il secondo, visibile attualmente in sagrestia, sulla concessione del Giubileo da parte del papa Leone X, assiso in poltrona.

Questi esempi “celebrativi”, che sicuramente avevano come committente il marchese Isimbardi, potrebbero aiutarci a capire chi può essere stato il vero committente dell’affresco dell’Hospitale…

 

cfr. pagine da 111 a 114 di L'Hospitale di Santa Maria della Pieve di Mario Angeleri, edito da Associazione culturale Aldo Pecora, 2022

L'affresco nel 2011 L'affresco nel 2011